Note a margine di Alberico - Una recensione di Ivano Porpora


"La notte di Minerva" è il sito curato da Ivano Porpora ed ecco quello che scrive su Alberico:

Ci sono storie che hanno nella lunghezza la loro bellezza. Personalmente conto sulle dita di una mano di un addetto alla sega circolare libri che abbia letto e amato, e superino il valore magico mille; It, però, rimane la pietra miliare di quei romanzi in cui mi persi. (E mi ha cambiato anche la vita, ma di questo qui non si parlerà). Poco dietro, ma sotto quel limite definito, L’idiota e diversi altri; e, attorno alle 250-300, invece, il panorama s’affolla. Guardo invece sempre con sospetto quei libelli – già il termine, libelli, pare avvicinarli agli opuscoli in fondo – che stanno sotto le 100 pagine (e pure Il persecutore di Cortázar, per dire, conta settantacinque pagine e per noi due recensioni: una di Andrea Ponso, qui, e una mia qui). Alberico di pagine ne ha una quarantina. Eppure, ecco, eppure Alberico ce l’ho in ebook, e scopro di volerlo pure in carta. Intanto diamone le coordinate – che, come al solito, leggete pure in fondo. Disegnato da Rocco Lombardi e pubblicato da Giuda editore (Geographic Institute of Unconventional Drawing Arts, ravennati), Alberico pare uno di quei manifesti soviet, o volantini anni Settanta, o un’incisione di Dürer, che nelle sue quaranta pagine racchiude un messaggio forte. Ma piano. Non è vero. Non ho pensato, leggendolo, né ai manifesti soviet – che pure mi son venuti in mente – né ai volantini anni Settanta – che pur mi son venuti in mente – né a Dürer – che pure m’è venuto in mente. Ho pensato, leggendolo, alle scritte AIUTO che si tracciano su una spiaggia; cinque lettere che chiedono una visione eterodiretta, uno scavo a fondo nella sabbia migliore, una copertura dall’acqua, e minuti lunghi quando a noi per scriverle bastano istanti. Ogni tavola di Lombardi nasce – per ricerca e quasi risposta visiva a un interrogativo interiore – non a una costruzione, additiva, del nero sul bianco, ma a una sottrazione, tipicamente scultorea, del bianco dal nero. Le gittate del bianco sono la luce che arriva agli occhi d’un neonato dalla non-visione; prima macchie e poi forme che si creano e danzano agli occhi, cui non credi e poi sì. Dall’amorfo della pagina nera Lombardi estrae immagini inquietanti in cui le nuvole che s’addensano sono animali della foresta, la natura primigenia (che mi ricorda l’Essere di Parmenide, ma mi perdonerete: ieri ho dato una lezione di filosofia sulla scuola eleatica, dovremo campare pure noi) che viene invasa dalla innaturale tecnologia e che ha bisogno d’Alberico per ribellarsi. Alberico che non è Pinocchio ma Lucignolo, che non è Guy Fawkes ma la piccola vedetta lombarda, e che risponde al clamore con un clamore maggiore, con una devastazione cui segue la ricostruzione. Alberico è, letteralmente, una Forza Della Natura – la ribellione e l’indignazione messe insieme. E, nell’ultima tavola, anche la necessità di accantonare ribellione e indignazione quando non servono, sennò diventiamo davvero i Fawkes del filmato, ribelli finché la mamma non ci chiama a cena. Non è una favola ecologista, Alberico – e, a proposito, vi segnalo un interessante dialogo dell’autore con Giada Peterle -, ma una risposta della natura, un incontro del bambino picchio con il picchio. Non è una favola ecologica ma un delirio tecnologico – quando la tecnologia asserve e non s’integra, s’intende; nella prima vignetta ti ricorda Fritz Lang e poi ancora Collodi, ma un Collodi feroce, o Wiene, ma un Wiene non muto, o – ancora – acqueforti in cui l’acido sia scappato. Il risultato è bello; Alberico vale la pena.
© Ivano Porpora
Rocco Lombardi, Alberico. Giuda edizioni, € 8.00

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